Ho incontrato Cristiano Godano, frontman e autore dei testi dei Marlene Kuntz, prima del live che la band ha fatto alla Festa della Birra a Fabrica di Roma (VT).
All’inizio mi è sembrato un po’ distante, poi sono andato via con l’impressione di una persona molto sincera, discreta e consapevole; intorno ad un tavolino da bar di paese, abbiamo fatto una piacevole chiacchierata.
Grazie a Massimiliano per la possibilità e a Francesco per avermi supportato.
20 anni di carriera: i bisogni intimi che ti portano a scrivere sono cambiati? E come?
Nella prima parte della mia carriera credo di aver saputo sfruttare ogni freccia per il mio arco: ogni freccia era un elemento nuovo, un’occasione di narrazione, un oggetto da cui ero attratto per far nascere un testo;
poi a un certo punto le frecce sono state tutte usate, e, come accade quasi a chiunque, ho cominciato a rimescolare le combinazioni possibili del loro utilizzo.
Nella prima parte della mia carriera c’è tutta materia nuova da prendere e plasmare; nella seconda, questa materia è conosciuta e la si plasma nuovamente in qualcosa di diverso.
Hai visto la mia intervista ai 3 Allegri Ragazzi Morti? Eccotela:
Le emozioni che provi nel contatto con il pubblico sono cambiate in questi anni?
Ho avuto la fortuna di fare questo mestiere; ho avuto tempo per riflettere: le emozioni hanno subito dei cambiamenti, o meglio si sono affinate, perché in 20 anni di carriera c’è una vita in mezzo. Non potrebbe essere altrimenti. C’è una maggiore comprensione delle emozioni stesse, ora le so decifrare meglio.
Quando si è giovani si divide tutto in buono e cattivo,
giusto/sbagliato, crescendo si imparano a vedere le milioni di sfumature.
Cicli di vita: anche il pubblico è cambiato?
C’è chi ci ha abbandonato definitivamente, chi ci ha scoperto solo ora, chi ha cercato di capire i nostri cambiamenti, c’è chi ci ha seguito sempre.
Come dicevo prima, noi non siamo cambiati ci siamo affinati, abbiamo più consapevolezze.
Il Cristiano Godano di oggi è quello di 20 anni fa ma con qualche esperienza in più; non ho mai rinnegato me stesso, non voglio allontanare qualcosa del mio passato.
Dopo 20 anni interpreti un po’ meglio il mondo.
A differenza di una star del pop che quasi mai dura più di qualche anno, un gruppo come il nostro ha la fortuna di andare avanti; in questo percorso ogni gruppo ha dei fan che ti rinnegano, si sentono traditi, non so perché…non riesco a spiegarmelo, forse perché a me non è mai capitato.
Ti spiego: i miei beniamini io li amo ancora, di un amore incondizionato e genuino;
spero per loro il meglio possibile. Nick Cave, Sonic Youth…ogni disco che usciva speravo che fossero sempre più famosi e amati; questi artisti possono avere avuto alti e bassi ma questo li rende affascinanti,
gli alti e i bassi sono IL bello di una carriera artistica;
tuttavia I miei beniamini non hanno fatto mai una cagata (ride).
Sulle persone che amo non sento di volere un’esclusiva, forse i fan che si sentono traditi provano questo sentimento, come se non volessero che il gruppo si allarghi troppo…mi sembra una stronzata.
Il rapporto con i tuoi beniamini sembra un atto d’amore…
Forse ho avuto l’intuito di scegliere qualcuno che non mi ha deluso, ma sì è amore.
Ti ricordi il momento preciso, l’insight, in cui hai scelto emotivamente di fare l’artista?
Non c’è stato un momento preciso ma ricordo delle situazioni che hanno favorito questa scelta.
Quando ero adolescente mia madre e le persone che le stavano vicino ascoltavano Neil Young, i Jefferson Airplanes, e ricordo molto bene che quando andavano a casa di mia nonna materna io mi fiondavo dai miei cugini e mi chiudevo nel reparto dischi e ogni volta era un trip.
Un altro momento topico: ricordo che mia madre, una persona con un guizzo certamente artistico che ha però fatto la casalinga,
mi comprava i 45 giri dei Beatles.
A Fossano, in provincia di Cuneo, in quegli anni, non era una cosa così scontata.
Ora ti propongo una domanda che un tuo fan mi ha chiesto di farti:
<<Ho sempre pensato che i testi dei Marlene rappresentino delle vere e proprie istantanee in cui il tempo rimane congelato, sospeso, un non luogo in cui due corpi o sono fusi o rimangono separati per sempre. Mi piacerebbe sapere se dietro i loro testi ci sia in qualche modo il desiderio di esorcizzare la paura del vuoto, lenire una certa ansia da separazione.>>
Di sicuro aderisco totalmente alla prima parte:
in tantissimi dei miei testi cerco di congelare l’attimo,
di fare un’istantanea come in fotografia. La visione di questa fotografia distanza di anni ti accende, ti scatena dentro qualcosa. Io voglio congelare il momento in cui si scatena questo movimento emotivo.
Mi piace che il testo condensi qualcosa pronta ad esplodere tra me il mio lettore.
L’opera d’arte si conclude nel momento della sua fruizione: io appongo il mio sigillo quando chiudo il testo ma la vera chiusura avviene quando ognuno del mio pubblico apporta a quello che ho scritto la sua esperienza.
Per il resto….non lo so…Forse in alcuni testi l’aspetto sentimentale/amoroso prende delle pieghe drammatiche quasi abbandoniche, canzoni che parlano di assenza.
Non è così preciso il riferimento alle tematiche che descrive chi ha fatto la domanda; mi sento fortunato ad avere così tante persone che decidono di rispondere e interpretare le suggestioni dei miei testi. È bello che abbia voluto condividere questa sua riflessione con me e che lui la veda così, mi va benissimo.
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