Quali sono i processi psicologici che ci fanno apprezzare o meno un brano musicale e lo rendono familiare?
Se con l’avvento del rock’n’roll a partire dagli Anni Cinquanta per ascoltare la musica bisognava recarsi presso un jukebox ed inserire una moneta, ora basta uno smartphone ed una connessione internet e l’ascolto può avvenire in maniera ben più veloce e sbrigativa.
Con la stessa velocità oggi una celebrità ha la capacità di diventare tale, in così breve tempo senza neanche accorgersene.
Dall’oggi al domani ecco (quasi) creata la star!
L’industria discografica infatti, lavora minuziosamente per la promozione del proprio mito musicale, studiando tutto nel dettaglio: dalla modalità attraverso cui curare il passaggio radiofonico dei brani, alle location migliori per organizzare il tour dei concerti per l’estate che verrà, all’emulazione gadgetistica.
«Il mito non nasce né per caso né per scelta; esso si sviluppa per fasi successive e per tentativi ripetuti, sospesi fra la programmazione aziendale e l’istinto personale» (Scialò, 2003, 150).
Questione di soldi
In The Song Machine: Inside the Hit Factory di John Seabrook, l’autore descrive come dall’avvento degli anni Zero la modalità di composizione musicale “melodia e testo” sia stata sostituita da quella “traccia e gancio”, ovvero un prodotto che non si basi sul significato del testo e sul proprio trasporto melodico, bensì su una base strumentale che funge da gancio per attirare l’utente medio ad ascoltare quel determinato brano rendendolo familiare.
Così facendo ci si concentrerebbe su melodie orecchiabili che fungono da gancio per attirare l’ascoltatore.
«è possibile che diverse parti del brano siano appaltate a diversi scrittori specialisti nel settore, una melodia creata da più mani; è più come creare uno show televisivo che scrivere una canzone» (Mench, 2016, 1).
Fare una traccia a tavolino: Orecchiabilità, ripetitività
Il tutto verrebbe così quasi totalmente studiato a tavolino da professionisti. Orecchiabilità, ripetitività e familiarità sono i criteri base per poter agganciare un ascoltatore perché
«la gente in media ascolta solo per sette secondi una canzone alla radio prima di cambiare canale, e in qualche modo deve potersi agganciare a quel brano (Mench, 2016, 1)»
senza permettere lo zapping radiofonico.
Musica = società
La caratteristica principale della musica è certamente il suo forte legame con la società contemporanea nella quale è proposta; la nostra è una società veloce e edonista e la musica mainstream spesso rispecchia queste caratteristiche.
Per questo risulta sempre attuale e originale: poche persone ascolterebbero un tipo di musica d’altri tempi, se non partendo sempre dalla conoscenza della musica cosiddetta mainstream, quella che lo circonda, e dalla quale non può rimanerne fuori, pena l’esclusione socio-musicale.
L’ascolto della musica fa rilasciare al nostro cervello dopamina (un neurotrasmettitore responsabile del nostro piacere), ancora di più potrebbe accadere con tracce familiari:
Questo piacevole senso familiare all’interno della musica radiofonica quindi, fa sì che il cervello rilasci dopamina, una sostanza chimica che aiuta a regolare il piacere e la motivazione derivante da un certo stimolo.
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Come rispondono i nostri neuroni ai Coldplay e al pop italiano
La risposta neurale che abbiamo descritto sarà probabilmente più presente con canzoni che sono ripetitive e familiari, e riportano frasi con ganci melodici.
Così facendo la possibilità di successo di una canzone alla radio aumenta perché il nostro cervello risulterà essere un terreno fertile per secernere dopamina se gli verrà presentato un brano semplice e orecchiabile.
Un esempio di un brano di musica pop mainstream familiare, che da qualche mese passa nelle radio italiane è quello di Francesco Gabbani, il vincitore di Sanremo Giovani 2016, il brano si chiama Amen. Questo è il perfetto esempio che dimostra il processo precedentemente spiegato:
un titolo secco con una sola parola di impatto, una strofa non poco orecchiabile seppur ripetitiva, e il pezzo esplode in un ritornello dolce che gira e rigira sempre intorno allo stesso tema, che diventa familiare all’orecchio di chi ascolta
Ecco perché dopo la prima serata di esibizione a Sanremo tutti già canticchiavano Amen
Un altro esempio, questa volta di portata internazionale, potrebbe essere il brano dei Coldplay Adventure of a Lifetime, che appartiene all’ultimo album della band uscito a Dicembre 2015.
A partire dal minuto 0:30 il brano parte con un riff ripetitivo di synth e alcuni cori che accompagnano quasi tutto il brano. Già dal minuto 1:55 il riff diventa una melodia dolce e familiare, per poi fermarsi e ricominciare al minuto 2:46 e poi infine al minuto 3:34 quasi fino alla fine del brano.
Secondo Clay Stevenson, un ex commerciale che ora lavora come professore di musica presso la Elon University negli Stati Uniti, il segreto consisterebbe nello sperimentarsi e aggiungere sempre qualcosa in più rispetto a ciò che si fa, qualcosa di nuovo che sia utile senza però allontanarsi dalla formula della struttura base di come si compone e si sviluppa un brano musicale.
Alla luce di quanto descritto, certamente, per fare “soldi facili”, la chiave del successo oggi rimane la produzione di un motivo orecchiabile e ripetitivo; se un artista invece volesse sperimentarsi farebbe meglio a trovare un equilibrio fra un brano familiare ed eccitante e una sua ricerca; in modo tale da permettere da una parte la produzione di dopamina, ma senza snaturare il senso più innovativo ed emotivo della sua produzione.
Articolo di: Andrea Montesano
Bibliografia
GENTILE, E. – TONTI, A. (2014). Il dizionario del Pop-Rock 2015. Bologna: Zanichelli.
MENCH, C. (2016). Hooked: The Psychology of pop music in 2016, in http://goo.gl/P8H46X, (13/04/16).
NATTIEZ, J.-J. (2006). Enciclopedia della musica. Il suono e la mente. Vol. 9. Milano: Giulio Einaudi.
PASQUALETTI, F. (2014). Il concerto e la danza. Ritualità musicali giovanili. Cinisello Balsamo: San Paolo.
SCIALO’, M. (2003). I segreti del rock :dietro le quinte dell’industria discografica: la promozione, la distribuzione, lo sfruttamento del mito. Roma: Gremese.
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