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Intervista a cura di: Romeo Lippi 

Ho conosciuto Francesco Faraone tramite un amico comune. Mi ha raccontato la sua storia di chitarrista, di come si è ammalato di distonia focale e di come ne sia uscito.
Mi è sembrata una storia da raccontare.

Se volete parlare direttamente con Francesco, questo è il suo Facebook.

Di seguito un paio di Gruppi Facebook sulla distonia focale: uno italiano, uno internazionale. 

Ci racconti come ti sei accorto dei sintomi?

All’inizio non mi sono reso conto che qualcosa non andava. I problemi erano alla mia mano sulla tastiera della chitarra, la destra essendo io mancino. Semplicemente sembrava che facessi piccoli errori tecnici mentre suonavo, mi esercitavo. Non capivo bene cosa fosse, riuscivo a suonare quasi per bene, solo a volte avevo problemi.

Questi piccoli errori non sparirono, anzi aumentarono e non riuscii a risolverli; cominciai a pensare che ci fosse qualcosa che non andasse; ma tutto questo è durato anni, nei quali pian piano sono arrivato a suonare sempre peggio e ad avere problemi sempre più seri.

Da lì è iniziato tutto l’iter che mi ha portato a fare numerosi esami medici, a consultare molti dottori e specialisti vari, ecc. fino a scoprire che era distonia focale del musicista ed a sentirmi dire che

cure non ve ne erano.

Qual è stato l’effetto sul tuo percorso di musicista?

Devastante poiché al culmine della malattia ho dovuto smettere di suonare; è stato emotivamente molto difficile e pesante.

Dopo sedici anni di musica dover interrompere completamente la cosa che più ami è molto, molto dura.

Nel video gli effetti della distonia su Francesco (2011)

Allora cosa hai fatto? Come ti sentivi?

Ero psicologicamente abbattuto, ma allo stesso tempo provavo anche rabbia. Tutto ciò poi ho scoperto essere un atteggiamento assai errato che aveva negli anni contribuito all’insorgere e all’aggravarsi della patologia.

Quando hai avuto una diagnosi? Come l’hai presa?

Dopo la diagnosi vera e propria, avvenuta a fine 2010 a Firenze, in verità non ero più triste, arrabbiato o abbattuto di prima.

Questo perché già avevo per mie strade capito cosa avessi e mi ero già informato su chi e come potesse aiutarmi a guarire, su quale fosse il percorso difficile ma possibile da intraprendere. E così feci, mollai ogni medico in Italia:

decisi di mettere i soldi da parte per poi partire per la Spagna per curarmi.

Quando e come hai cominciato a fare terapia?

Maggio 2011, Il mio viaggio in Spagna da Joaquin Fabra, colui che mi avrebbe dato tutti gli strumenti per curarmi, colui che mi avrebbe fatto realmente capire cosa è e da dove derivi la distonia focale del musicista.

A Madrid restai una settimana e feci tutti i pomeriggi sedute con Fabra.

In quella settimana la mia vita di musicista è completamente cambiata.

Da quel momento è iniziato il mio recupero, continuato poi nei mesi ed anni successivi a casa, da solo con me stesso, con un profondo lavoro interiore e psicologico.

Francesco migliora (2013)

Come stai adesso?

Oggi posso affermare di essere guarito dalla distonia, di essere uscito dal quel vortice ossessivo psicologico che porta alla ricerca della perfezione tecnica ad ogni costo che ha portato il mio corpo a non riconoscere più certi movimenti.

Cosa hai capito della malattia?

Questa patologia ha completamente cambiato il mio modo di approcciarmi alla chitarra ed alla musica in generale.

Mi ha fatto capire che lo studiare per ore ogni giorno per anni cercando a tutti i costi di raggiungere certe vette è innaturale, è ossessivo, pericoloso e può facilmente far sì che

il nostro corpo si ribelli al troppo a cui lo sottoponiamo.

Oggi mi godo la musica per quello che mi dà, se faccio un errore non me ne curo, oggi adoro i miei limiti perché vuol dire che è il mio corpo che mi parla. E dopo questo lungo iter oggi sono assai più bravo tecnicamente di prima.

Mi sembra che l’aspetto psicologico sia importantissimo… che ruolo ha il pensiero nell’insorgenza e nella guarigione della tua malattia?

La parte psicologica in questa patologia è tutto, almeno per me riferendomi al mio caso specifico. La ricerca ossessiva della perfezione porta, soprattutto nelle persone ansiose, alla ribellione del corpo e quindi a far sì che non riconosca più ciò che prima era facile e semplice, in questo caso i movimenti “fini” che si fanno quando si suona.

Il tutto deriva da un’intenzione, atteggiamento psicologico sbagliato protratto per anni sullo strumento.

La distonia è una specie di lotta che facciamo contro la mano, non capendo che invece il problema è a monte, nella testa.

Allora ci incaponiamo per anni facendo sì che la patologia degeneri del tutto.

La soluzione, semplificando molto, è quindi nel trovare un nuovo atteggiamento psicologico, mentale diverso da quello che si è instaurato in noi in anni e anni. Risolvere e cambiare questo atteggiamento è operazione e lavoro lungo e difficoltoso.

Nel video il pieno recupero di Francesco (2015)

Ora come vivi la musica?

Ora mi godo tutto ciò che mi dà la musica e la chitarra, che sia qualcosa di buono o no.

Che consiglio daresti ad un giovane musicista e ad una persona che soffre di questi sintomi?

Di ascoltare sempre il proprio corpo quando si imbraccia uno strumento e quando si fa musica. Di vivere la musica con gioia sempre.

Di lasciar fuggire ogni ansia, ogni rabbia e sentimento negativo.

Il percorso è difficilissimo, molti desistono, ma la meta è troppo dolce e bella.

Altro consiglio più pratico è di non credere che dalla distonia non se ne esca, io ne sono la prova.

Qual è un brano che potrebbe simbolizzare questa tua avventura?

Direi un bellissimo pezzo di Joe Satriani “ Always with me, always with you”. E’ un brano che studiai anni fa ed è il primo che ho risuonato completamente dopo il recupero dalla distonia.

Sono molto legato a questo pezzo.

N.B.: Questa è un’intervista, personalmente non entro nel merito di indicare quale sia l’eziologia e il trattamento migliore per la distonia focale del musicista. Spero che l’articolo porti a una conoscenza e a un dibattito più ampio, soprattutto per lo sviluppo di buone prassi terapeutiche per chi ne è affetto.

Intervista a cura di: Romeo Lippi 

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