Abbiamo incontrato Bebo e Albe de Lo Stato Sociale subito dopo il loro live sul British Knights Europe Stage durante lo Sziget Festival 2015 di Budapest. Nonostante il gruppo fosse in trasferta una folla numerosa di italiani e non ha saltato e cantato i lori pezzi, divertendosi (e di divertimento si parlerà come elemento comune dell’approccio del gruppo).
Ringraziamo tutto lo Sziget Italia per averci permesso di essere lì.
Grazie a Nick e Francesco per le foto.
Ecco le mie domande e le loro risposte.
Stato sociale: anche dal nome sembra che diate una lettura contestuale dei fenomeni che accadono nella nostra società. Anche nei testi delle canzoni ho notato questo. Qual è invece il vostro punto di vista sul mondo interno? Che ne pensate della psicoterapia? Fareste mai un percorso?
Bebo: Ho fatto due anni di psicologia ma poi non mi sono laureato.
Albe: Io ho fatto sociologia.
Bebo: Ho sempre avuto una visione leggermente critica della psicoterapia. Negli Stati Uniti c’è un eccesso, qualsiasi segno fuori dal binario diventa malattia, lo psicologo diventa il tuo pediatra, ognuno ha il suo psicologo personale.
In Europa il fenomeno è più blando, ci sono delle diffidenze di base per cui andare dallo psicologo è una cosa da matti e il rischio di non essere accettato socialmente rende difficile parlare di disagi psichici anche con le persone più vicine.
Poi ognuno vive la cosa a modo suo. Io avevo valutato di andare dallo psicologo quando ancora studiavo (se vuoi fare lo psicologo ti devi prima far analizzare necessariamente) ma ora come ora non ne sento il bisogno e penso che per molte persone non sia necessario; credo invece fortemente nel miglioramento personale attraverso l’educazione: c’è la possibilità di crescere sani e felici se ci sono condizioni ambientali favorevoli.
In Italia è tutto molto difficile: abbiamo un modello familiare obsoleto, spesso la famiglia è molto presente e pesante, devo fare quello che dicono i miei genitori, non riesco a sganciarmi; anche perché le condizioni socioeconomiche non aiutano e lo stesso stato sociale è familiaristico e le istituzioni sono assenti.
Io mi ritengo molto fortunato poi ovviamente se ti spacchi un gomito vai dal medico, se non ci stai dentro con la testa vai dallo psicologo.
Il vostro percorso di musicisti è anche un percorso di autorealizzazione e di autocura?
Albe: In parte sì, Lo facciamo per stare bene e per far stare bene.
L’idea che spinge il nostro progetto è questa.
È anche un modo per capirsi: quando scrivi, (sia Bebo che Albe scrivono i testi delle canzoni) penso che lo si faccia per interpretarsi.
Se non metti fuori le tue cose, non puoi dare loro un senso e capire qualcosa di te; lo stai facendo per te e per gli altri. È una forma di comunicazione che dovrebbe/vorrebbe aiutare a stare meglio; poi che ci si riesca è un altro conto.
Bebo: nella nostra generazione è difficile avere una narrazione propria del presente.
La mancanza di narrazione crea una dissonanza cognitiva forte con il mondo attorno e fai fatica a collocarti, ad avere il tuo posto nel mondo.
Siccome siamo animali sociali questo è fortemente degradante per le persone.
Noi abbiamo la fortuna di aver intrapreso un percorso che ci realizza molto perché fa parte di un sogno, un desiderio intimo forte; e al contempo cerchiamo di far stare bene anche gli altri.
Albe: La cultura ci ha dato tanto, ci ha aiutato a comprendere il mondo che ci sta attorno. E perché, cazzo, non farlo anche noi?
Avete preso e ridate…il contatto e le emozioni sono diverse tra un Festival estero come lo Sziget e i concerti che fate in Italia?
Albe: non siamo abituati a suonare alle tre e mezza del pomeriggio (ridono). Fortunatamente il pubblico italiano che era qua ha risposto molto bene, ci siamo sentiti a casa.
Guardare in faccia i non-italiani (perché erano quelli che non cantavano) è stato bello anche quello. I sorrisi delle persone che non ci conoscono e che si stavano divertendo nonostante non capissero quello che stavamo cantando sono una bella soddisfazione.
Cosa c’è di condiviso, di comune tra voi che state sopra il palco e quelli che sono sotto?
Bebo: Ci deve essere per forza se ci vogliamo divertire tutti insieme.
Albe: La cosa è quella: creare aggregazione. Noi cerchiamo di entrare dentro il pubblico e vogliamo che il pubblico entri dentro di noi. Poi questa me la interpreti… (ride).
Social network: che consiglio dareste a un giovane artista che si mette su Facebook?
Albe: di uscire di casa più spesso, di stare meno su Facebook; Poi quando hai effettivamente qualcosa da dire puoi anche usare i social network. Ma non concentrarti solo su quello.
Perché se no ti chiudi. A noi piace portare la gente fuori di casa e usiamo il social come mezzo affinché questo accada.
Prima il nostro mezzo di promozione erano solo i concerti; poi siamo stati bravi a usare Facebook per rimanere in contatto con le persone che avevamo incontrato al live.
p.s.: per quanto riguarda l’interpretazione della frase “Cerchiamo di entrare dentro il pubblico e vogliamo che il pubblico entri dentro di noi” penso sia un desiderio di fusione totale con i propri fan. Un po’ come la sensazione di un unico noi tipica dell’innamoramento e dell’orgasmo.
Ma questa è un’interpretazione, non è detto sia la reale pulsione della band. 🙂