Quante volte, anche solo scherzando, hai detto ad un amico che è uno psicopatico?
Ecco, per scoprire se è realmente così, potrai analizzare la musica che ascolta. Contrariamente al film Il Silenzio degli Innocenti, le persone con una psicopatia riconosciuta, non prediligono la musica classica.
A fornirci questo dato interessante è la New York University attraverso una ricerca condotta su 200 soggetti.
É stato scoperto che un livello di psicopatia elevato è complementare all’ascolto dei Blackstreet e la loro No Diggity o Eminem e la sua Lose Yourself. Continua a leggere Musica da psicopatici: esiste una playlist per individuarli?
Mi presento, ma avete già avuto modo di leggermi in altri articoli su questo blog: mi chiamo Valentina Baldon, non sono una psicologa e più che ascoltare storie, amo raccontarle. Mi occupo con passione di web marketing e di web writing. Sono molto curiosa e ho sempre voglia di stare sul pezzo.
Secondo la versione aggiornata del Manuale Diagnostico Statistico delle malattie mentali (DSM V) si può affermare di essere di fronte a una persona con schizofrenia quando, per un periodo di almeno un mese, sono presenti per la maggior parte del tempo almeno due dei sintomi cardine della malattia tra:
illusioni/fissazioni;
allucinazioni;
pensiero (e linguaggio) disorganizzato;
disorganizzazione o anomalie del movimento;
atteggiamento catatonico.
Almeno uno dei sintomi presenti deve riguardare la presenza di illusioni/fissazioni o allucinazioni o pensiero (e linguaggio) disorganizzato. In aggiunta, per un periodo di almeno sei mesi, deve essere presente un certo grado di compromissione/disagio psichico e la persona deve mostrare un netto calo nelle capacità scolastiche, lavorative o nell’esecuzione delle attività quotidiane abituali, che in precedenza non comportavano difficoltà.
Ma come viene descritta la schizofrenia nelle canzoni?
Da tempo la musicoterapia viene applicata con gli anziani, ad esempio con pazienti affetti da Alzheimer.
Volevo scrivere qualcosa su questo argomento ma poi ho visto che le parole di Oliver Sacks (neurologo famosissimo da poco scomparso, lo vedete giovane, fico e rock nella foto dell’articolo) dicevano tutto e mi sono limitato a riportarle:
“La musica sembra toccare certe corde della memoria e dell’emotività che altrimenti sarebbero per loro inaccessibili.”
“è davvero sorprendente vedere persone assenti e cupe reagire immediatamente alla musicoterapia o a una canzone familiare. All’inizio sorridono poi, in qualche modo, tengono il ritmo e alla fine lo seguono. In un certo senso riconquistano quel periodo delle loro vite e quell’identità che avevano quando hanno ascoltato quelle canzoni per la prima volta.”
“Una cosa comune nei casi di Alzheimer è che i pazienti perdono la memoria degli eventi, la storia della propria vita, i propri ricordi, sembra che non riescano ad accedervi direttamente. Ma i ricordi sono “racchiusi”, in parte, in cose come la musica; soprattutto per le canzoni che il malato conosceva e specialmente quelle che CANTAVA.”
E così il passato, che non è recuperabile in nessun altro modo, sembra essere custodito “nell’ambra della musica”. Le persone possono riconquistare un senso d’identità, almeno per un po’.
Secondo lo scienziato scomparso, la persona con demenza perde tutti i ricordi e anche l’uso del linguaggio ma tenderà a rispondere, a volte, alle canzoni, alla musica che riconosce familiare.
Le parti del cervello che elaborano gli stimoli sociali sono spesso contigue alle zone dedicate alla memoria, alle emozioni (leggi anche “Ecco perché quando ascoltiamo la musica proviamo piacere”).
Per questo le persone malate possono riavere la sensazione, almeno per un po’, della loro storia, della loro identità, dei loro ricordi.
Oliver Sacks, nel suo libro L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello, afferma:
“Ognuno di noi ha una storia del proprio vissuto, un racconto interiore, la cui continuità, il cui senso è la nostra vita. Si potrebbe dire che ognuno di noi costruisce un racconto e che questo racconto è noi stessi, la nostra identità. Ognuno di noi è un racconto peculiare, costruito di continuo, inconsciamente da noi, in noi e attraverso di noi- attraverso le nostre percezioni, i nostri sentimenti, i nostri pensieri, le nostre azioni; e non ultimo il nostro discorso. L’uomo ha bisogno di questo racconto interiore continuo, per conservare la sua dignità e il suo sé.”
L’ultimo Tweet di Oliver Sacks è un video con un flashmob dell’Inno alla gioia, dalla Sinfonia n.9 di Beethoven.
Chissà se, quando sarò vecchio, Vasco e gli Oasis mi aiuteranno a ricordare chi sono.
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